Chissà se qualcuno si è mai preso la briga di camminare lungo la costa dell’Italia da Ventimiglia a Trieste. Se lo avesse fatto, cosa non impossibile (qualcuno ha mangiato 26.000 Big Mac), avrebbe non solo scoperto di aver percorso ben 6.600 chilometri, ma di averne percorso la metà sulla sabbia.
Metà della costa Italiana bagnata dal mare è costituito da spiagge. Solo il 34% è rocciosa, e il restante 16% è occupato da porti, aree industriali, insediamenti turistici e cementi vari. Un argomento che ci tocca da vicino, non per niente siamo in Sardegna, la regione con più chilometri di spiagge, ben 600, il doppio della Puglia e della Toscana, un terzo in più della Sicilia, cinque volte più della Liguria e 600 volte più della Val d’Aosta. Pare che la Calabria arrivi a 614 chilometri, ma noi non ci crediamo. Si saranno sbagliati. Comunque non vogliamo tutti i primati: ci basta quello delle spiagge più belle, dell’acqua più pulita, e anche del minor numero di stabilimenti balneari, che corrisponde alla maggiore disponibilità di spiagge libere.
L’Italia è l’unico Paese europeo che non pone un limite alle spiagge in concessione, lasciando la scelta alle Regioni. Gli 11.000 stabilimenti balneari italiani occupano circa il 40% delle coste sabbiose disponibili intorno alla penisola. In Sardegna ne abbiamo solo 574, contro i 1291 della Toscana, il 968 della Puglia, il 1488 della Calabria e i 1175 e della Liguria. Forte dei Marmi vanta la più alta concentrazione di lettini, che occupano il 90% delle sue spiagge.
Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica quasi il 50% degli italiani sceglie il mare per le proprie vacanze. Piace la sdraio: tre quarti degli intervistati preferisce lo stabilimento balneare alla spiaggia libera. Sono soprattutto le famiglie del nord e delle grandi aree metropolitane a richiedere lettini e ombrelloni, più le persone di mezza età, meno i giovani e gli anziani. Molti sono clienti affezionati, tendono a tornare ogni anno nella stessa concessione per ritrovare accoglienza, ristorazione, persone e panorami ai quali sono abituati.
Sempre più utenti amano trovare e lasciare la spiaggia pulita. Sembra scontato ma non è così, per cambiare mentalità ci vogliono anni: vi ricordate quando si fumava al cinema e sull’aereo? La spiaggia è l’ultima opportunità di raccogliere un rifiuto prima che il vento lo porti in mare. Va preso con le proprie manine e messo nel bidone della differenziata. E ci si sente meglio, avendo avuto dal mare tutto il beneficio di un bel bagno che si ricambia, impedendo a una lattina, sacchetto di patatine, cicca, etc… di aggiungersi alle 8 tonnellate di rifiuti di plastica che finiscono negli oceani tutti i giorni.
Il vento, implacabile, acchiappa tutto quello che lasciamo in giro e lo trascina in mare. Ottimo, direte. Fa pulizia. Ma non è così: il mare va salvato. Un mare sano produce il 50% dell’ossigeno che respiriamo e assorbe il 30% dell’anidride carbonica che produciamo. Lo sapevate? 3 miliardi di persone, tra cui indirettamente molti dei nostri amici e familiari, vivono di un’economia legata al benessere del mare. Poi perché qualche pesce ogni tanto ci piaceva mangiarlo, prima di doverlo guardare col fondato sospetto che sia pieno di microplastiche e metalli pesanti tossici per il nostro pancino. Meglio tardi che mai, la plastica monouso è stata bandita dai litorali sardi e le cicche nella sabbia sono in diminuzione grazie alle ordinanze che vietano di fumare.
Insomma ogni spiaggia è l’ultima spiaggia. L’ultima occasione per adottare comportamenti virtuosi. Se la bellezza e la pulizia delle spiagge sarde non ci portano a queste riflessioni, vuol dire che siamo troppo, troppo distratti. Allarme Giallo.