Chiedi al sacro, ricorda il profano

I TESORI NASCOSTI IN SAN LORENZO A PORTO ROTONDO

DI ALESSANDRA LO VERSO

 

La piccola chiesa di Portorotondo è stata creata da tre grandi artisti: Andrea Cascella, Mario Ceroli e Gianfranco Fini. Trentacinque scalini separano la piazzetta San Marco dal sagrato dove si staglia la splendida croce: due vere di granito che si intersecano su una base circolare ideata da Andrea Cascella e realizzata dagli abili scalpellini locali. La facciata è costituita da lastre di granito, tagliate al centro da una feritoia longitudinale. L’interno è uno spazio che ti accoglie, credente o no.

 

 

 

Un volume semplice, dominato dalla splendida volta a forma di carena di nave rovesciata, lungo le cui ordinate migliaia di figure, sagomate nel legno di pino russo, si dispongono in una vivace e dolce-drammatica composizione, realizzata, tra il ’69 e il ’75, dall’allora trentenne Mario Ceroli. Al centro il Giudizio Universale, dove si intrecciano figure estatiche e figure disperate colte ora nell’atto di strapparsi i capelli, ora di graffiarsi, ora di mordersi le mani. Una colomba vola verso l’esterno luminoso. Lungo le pareti, ritmate dagli scanni che, simili a svuotate colonne, creano un movimento ondoso sulla superficie del muro. Si susseguono l’Ultima Cena, l’Arcobaleno, l’Albero della vita, la Fuga in Egitto, le Pie Donne.

 

Le figure che popolano l’interno della chiesa non sono profili qualsiasi, ma appartengono ai protagonisti della storia di Portorotondo. Alfredo Beltrame, Giorgio Dalla Valle, Paolo Sanna (il capo degli scalpellini) Nicolò e Luigi Donà dalle Rose, Mario Ceroli, l’assistente di Ceroli, Ascanio Palchetti, Gianfranco Fini, Giorgio Nocella, Renato Salvatori hanno prestato i loro volti per l’ultima cena.

 

Sotto l’Arcobaleno, simbolo di buon auspicio e metafora del futuro, vi sono i figli dei pionieri di Portorotondo. A sinistra si riconoscono la figlia del Conte Luigi, seduta a cavalcioni, e il nipotino, che gioca a palla.
A destra dell’Arcobaleno è raffigurato l’Albero della Vita, vero e proprio albero genealogico dei Donà. I rami sono i membri della famiglia dei fondatori di Porto Rotondo: la prima figura intagliata nel tronco è Clelia Donà, la madre dei Conti Luigi e Nicolò, radice della famiglia. Di fronte al cavallo il padre Lorenzo, mentre nel ramo più alto Nicolò e Luigi, con le rispettive mogli e i figli. In alto un groviglio di ritratti di diversi personaggi, familiari, parenti e amici.

 

Nella Deposizione, dietro l’altare, si riconoscono Ferreri, sulla scala, e Renato Guttuso, in basso.
Raffigurare all’interno delle chiese i committenti, i propri contemporanei, inserire il proprio autoritratto rientra nella tradizione artistica, italiana e non, dal ‘300 in poi.

 

 

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Cinque cerchi concentrici disegnano la pavimentazione che confluisce verso l’altare, opera di Cascella, sopra al quale troviamo la Deposizione. Esattamente di fronte si snoda, simile alla spirale del volo dei cormorani quando si tuffano in mare, la scala di Giacobbe, collegamento tra cielo e terra.

 

Numerosi aneddoti sono legati alla chiesa e ai suoi personaggi. Si tramandano gli episodi delle corse per farsi ritrarre, delle madonne bruciate e immediatamente sostituite (si dice che i volti delle madonne fossero quelli delle donne amate da Ceroli), di chi una mattina entrò in chiesa e trovò la statua di Giuda con la testa tagliata e rigirata (e così è rimasta!). Sono solo note curiose che nulla tolgono al profondo significato simbolico della chiesa.

 

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Entrando in San Lorenzo si avverte un’emozione non razionale, ma viscerale, trascendente. Si percepisce l’effervescenza che emana dalle immagini, il movimento quasi caotico delle figure, ma al tempo stesso il profondo equilibrio, la spiritualità, il senso di pace e di calma. C’è un perfetto rapporto tra scultura e architettura, un equilibrio raggiunto anche grazie al grande lavoro di coordinamento dell’architetto Gianfranco Fini.

 

Tempo, fatica, concentrazione, passione spasmodica. Ecco la parola giusta: passione. Una passione senza limiti, senza freni, ma lucida, razionale e inesorabile, finalmente completata, negli ultimi anni, dal campanile, la porta e il rosone.

 

 

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